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F1 | Dominio Verstappen, Perez non è Prost (e non è nemmeno Rosberg)

E’ naturale la voglia degli appassionati di vedere un mondiale aperto così come è comprensibile che papà Perez esalti il figlio e se lo immagini iridato. Però è anche inutile star qui a raccontarsi frottole, balle, ad edulcorare una situazione che invece non potrebbe essere più stantia, scritta, scontata.

Verstappen vincerà il mondiale in carrozza, e Perez non potrà fare nulla. Checo, il simpatico messicano che ha sognato per anni il top team, non sarà mai realmente in lotta con il suo capitano. Non lo sarà perché è un freelance della F1 contro un compagno intorno cui la Red Bull è letteralmente costruita, non lo sarà perché non ha il talento e la velocità di Max, non lo sarà perché esistono le categorie e Perez è più di un gradino al di sotto del fuoriclasse Verstappen.

Fanno sorridere le dichiarazioni in cui il padre di Perez paragona la sfida tra Verstappen e Perez a quella epica, gloriosa, unica, tra Senna e Prost alla McLaren. Non si può paragonare il dominio telefonato di Verstappen (onore a lui che è un fulmine di guerra) nella F1 plastica di Liberty Media al derby interno più iconico, pari, folle, immaginifico, della storia della F1. E se Verstappen può anche essere paragonato a mostri sacri come Senna, perché la stoffa è quella, provoca stupore vedere accostato il nome di Perez a quello di Prost, al Professore che è nell’Olimpo dei più grandi di sempre. Ma per piacere.

Tornando a tempi e monologhi più recenti, la (improbabile) sfida Verstappen e Perez non è nemmeno paragonabile a quella del 2016 tra Hamilton e Rosberg. Perez – che resta un signor pilota capace di grandi cose quando è in giornata – nel complesso non vale Nico Rosberg. E qualora fosse veloce come Rosberg comunque non avrebbe le condizioni ambientali per esprimersi al massimo, perché la Mercedes quell’anno trattava davvero i piloti alla pari, anzi non è da escludere che ad un certo punto propendesse per “cedere” un titolo di Lewis ad un pilota tedesco su auto che batteva bandiera tedesca.

Perez è in tutt’altra situazione. Resta un “precario” che fa da seconda guida a Verstappen, con la Red Bull che non sacrificherà mai il suo campione per una teorica sfida alla pari. Ma è un problema che un appassionato dotato di senno non dovrebbe nemmeno porsi. Miami è la risposta. Max va al doppio ed è capace di “numeri” inarrivabili per Checo. La differenza tra i due è evidente, e agli spettatori non basta sognare una sfida interna che ravvivi l’interesse nella categoria per ottenere un mondiale realmente combattuto.

Facciamocene una ragione senza ricamarci sopra troppe storie e novelle: Verstappen corre da solo, domina, non ha rivali, perché è un fenomeno che guida un’auto imprendibile. E se il divario tecnico con le altre squadre è così ampio vanno fatto i complimenti ai bibitari, al geniale Newey e anche alla FIA che ha partorito questo regolamento ad effetto suolo con lo scopo di avere gare più imprevedibili e più contendenti alla vittoria. E questa si chiama capacità.

Antonino Rendina

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