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Cos’è il PWM dimming e perché dovrebbe importarvi

Se vi è capitato di guardare lo schermo del vostro telefono o computer e iniziare a sentir salire un’emicrania, potrebbero esserci diverse cause, e una di queste è legata a una sensibilità verso il PWM dimming

Ma cos’è il PWM dimming? In parole povere è un “trucco” utilizzato dai produttori di dispositivi per ingannare l’occhio umano nel diminuire la luminosità dello schermo, e con la diffusione dei pannelli OLED soprattutto nei telefoni il suo utilizzo si è esteso enormemente. 

Andiamo a scoprire perché è stato introdotto, cosa fare se ne soffrite e se ci sono delle alternative, oltre a ricordarvi il nostro approfondimento su come ridurre i riflessi sullo schermo del computer

Cos’è il PWM dimming
Cos’è il PWM dimming negli smartphone
Cos’è il DC dimming
Cosa fare se riscontrate problemi
Cos’è il PWM dimming sui PC

Ma cos’è esattamente il PWM dimming, e perché è utilizzato dai produttori di dispositivi? Partiamo dalle basi: come sicuramente saprete, ci sono due tipi di segnale, analogico e digitale. Il primo offre diversi gradi di intensità tra il valore minimo e il valore massimo, che sia la luminosità di uno schermo e di una lampadina o la velocità di un ventilatore.

I secondi invece hanno due stati, acceso e spento. A questo punto c’è un problema: i nostri smartphone e PC inviano un segnale di tipo digitale, anche per la retroilluminazione. Come fanno a regolarla? Bisognerebbe utilizzare un controller analogico, ma questi dispositivi non solo sono molto più costosi di quelli digitali, ma anche meno efficienti dal punto di vista energetico. 

E se una tecnica è variare la tensione (il cosiddetto DC dimming), una strada molto usata purtroppo è utilizzare un controller digitale con un trucchetto, ed è qui che entra in gioco il PWM dimmingPWM sta per Pulse Width Modulation (Modulazione di Larghezza d’Impulso) e il PWM dimming è una tecnica per sfruttare i vantaggi del segnale digitale grazie a un “difetto” della nostra vista. 

In pratica, il PWM è una frequenza molto rapida di stati “on” e “off” del segnale, misurata in Hz, in modo da ottenere un risultato simile a quello che si potrebbe ottenere su un semplice segnale analogico. E come si modula? Semplice, per ottenere una luminosità di schermo, per esempio, al 60%, basta mantenere il segnale acceso per il 60% del tempo e spento per il restante 40% del tempo. Anche a 100% il PWM potrebbe essere utilizzato, ma generalmente non lo è, proprio perché al 100% di luminosità in teoria non serve. 

Ma come mai non vediamo lo schermo sfarfallare? È qui che entra in gioco la frequenza, che deve essere molto elevata per non essere visibile, almeno 200 Hz, ma c’è un problema, ed è il motivo per cui alcuni studi hanno rilevato come sotto i 400 Hz il PWM dimming possa dare fastidio.

Una bassa frequenza di PWM può affaticare la vista, perché, se tanto bassa da essere evidente, provoca contrazioni ed espansioni delle pupille, il che causa a sua volta nausee e mal di testa. Con frequenze superiori, gli effetti sono meno evidenti, ma nondimeno alcune persone hanno una sensibilità superiore ad altri e potrebbero percepire comunque lo sfarfallio. 

In questo entra in gioco il fatto che molti schermi sono progettati per avere un livello di luminosità elevato, mentre noi per preservare la nostra vista, soprattutto se stiamo per molto tempo davanti allo schermo, dovremmo tenere valori tra il 30 e il 40%. Ed è qui che si palesano in maniera più evidente i limiti del PWM dimming.

Man mano che i livelli di luminosità diminuiscono, infatti, aumentano i tempi “off”, ma al contempo l’intervallo tra i tempi “on” deve essere abbastanza breve da non dare l’impressione di sfarfallio, quindi aumenta la necessità di frequenze PWM più elevate. La variabilità tra dispositivi elettronici è elevatissima, con alcuni che non utilizzano il PWM per attenuare la luminosità, altri che lo utilizzano a frequenze molto elevate e altri ancora che lo utilizzano a frequenze basse

Anche per quanto riguarda gli utenti c’è una grande variabilità, con persone che potrebbero avere problemi anche con schermi ad alta frequenza, e altri che invece potrebbero non percepire niente anche a frequenze basse. Per dare qualche numero, uno schermo ad alta frequenza è uno schermo con PWM a 2.500 Hz, mentre uno a bassa frequenza è da 350 Hz. 

Un’ultima parola sul nostro cervello. Perché abbiamo parlato di un trucco che sfrutta un difetto del nostro cervello? Perché se la frequenza è abbastanza elevata non ci rendiamo conto dello sfarfallio, ma vedremo uno schermo meno luminoso. Nondimeno, l’effetto sul cervello è comunque quello di una luce stroboscopica, che non fa bene per la salute. 

Un tempo si utilizzava un metodo per abbassare la luminosità dei pannelli, il DC dimming, che consisteva nell’abbassare la tensione inviata (e quindi non causava sfarfallio dello schermo), ma questo avveniva quando gli schermi LCD erano più diffusi. Ora che i più diffusi sono i pannelli AMOLED, è il PWM dimming il utilizzato negli smartphone.

Perché queste differenze? Perché i pannelli LCD utilizzano una retroilluminazione dietro ai pixel colorati, il cui colore non cambia a seconda della quantità di luminosità fornita. Invece i pannelli OLED utilizzano pixel costituiti da subpixel rossi, verdi e blu illuminati singolarmente. In questo caso, la luminosità è legata al colore, e si è visto che variando la tensione dei singoli LED si cambiava anche la percezione dei colori sullo schermo. 

Ecco perché i produttori come Samsung utilizzano il PWM, assicurandosi così che la resa cromatica sia sempre la stessa, al costo di un affaticamento della vista e del nostro cervello, con frequenze a valori intorno ai 240 Hz, non molto elevati, così come i Pixel. OnePlus arriva invece fino a 360 Hz, mentre Apple si spinge a 480 Hz, nonostante utilizzi lo stesso tipo di pannelli dei Galaxy o dei Pixel. 

Xiaomi 13 e Nothing Phone (2) offrono un PWM di 1.920 Hz al 50% di luminosità (a livelli superiori, utilizzano una soluzione ibrida con il DC dimming, che spiegheremo più avanti).

I Motorola si fermano a valori di 240 Hz, come Samsung, mentre aziende come OPPO, Realme, Vivo e soprattutto Honor hanno alzato l’asticella a livelli elevatissimi. OPPO, Realme e Vivo arrivano a 2.160 Hz, ma Honor, con Honor 90, ha battuto ogni record con uno schermo da 3.840 Hz di frequenza di PWM.

A incidere poi non è solo la frequenza, ma anche il tipo di onda che viene rilevata da un oscilloscopio, e se Samsung utilizza onde molto brusche, squadrate, in cui il passaggio tra “on” e “off” è repentino, Motorola utilizza un’onda sinusoidale, che è più confortevole per gli utenti e crea meno problemi.

Come abbiamo detto, alcuni produttori, come Motorola, Xiaomi e Nothing, offrono invece soluzioni ibride con il DC dimming che sono molto più delicate per gli occhi e il cervello umani, e riuscendo comunque a mantenere la qualità visiva che ci aspettiamo dai display OLED. Nel loro caso, inoltre, l’onda che definisce il passaggio è molto più morbida e non così netta. Ma come fanno? Andiamo a scoprirlo. 

Nei precedenti capitoli, abbiamo accennato a una “vecchia” soluzione alternativa al PWM dimming, il DC dimming, che consiste nell’abbassare la tensione al pannello. 

Ma abbiamo anche detto che applicare il DC dimming ai pannelli AMOLED fa cambiare il colore del pannello, e quindi la resa cromatica. Come fare?Diversi produttori applicano una soluzione ibrida, applicando il PWM dimming fino a una certa percentuale, per esempio 50%, al di sotto della quale applicano il DC dimming. 

Xiaomi ha introdotto una tecnologia chiamata Flickering Protection, mentre OnePlus ha sviluppato una soluzione simile, di fatto eliminando il problema dello sfarfallio al di sotto del 50%, che però torna ad aumentare progressivamente all’avvicinarsi dello 0%, pur con un andamento più uniforme che comunque reca un beneficio per chi è sensibile al PWM. E tutto questo senza influenzare i tempi di reazione del display. 

E i colori? I colori in effetti cambiano, e questo è un limite della tecnologia attuale (e anche il motivo principale per cui non è ampiamente adottata), ma secondo diverse misurazioni non di molto, o comunque entro livelli accettabili a occhio nudo. 

Detto questo, non c’è una soluzione perfetta, se non gli schermi di dispositivi senza PWM

Ma cosa fare se si soffre di sensibilità al PWM? Ci sono alcune precauzioni che potete prendere per ridurre o addirittura risolvere il problema. Il primo è di fare un esame della vista. In alcuni casi l’astigmatismo peggiora la sensibilità al PWM e un paio di occhiali nuovi potrebbero ridurre il problema.

Un’altra soluzione che potete adottare è disattivare la luminosità automatica, e impostare la luminosità manualmente o meglio attraverso un’app che imposta la luminosità a seconda dell’ora. In genere sotto il 50% si possono iniziare ad avere problemi, ma dobbiamo sempre tenere presente che è meglio tenere la luminosità tra il 30 e il 40%, il che può essere difficile da gestire. 

Un’altra accortezza che potete avere è di non utilizzare il telefono in una stanza buia, in quanto il contrasto può peggiorare la sensibilità al PWM. È sempre bene mantenere la luce ambientale allo stesso livello di quella dello schermo, e al limite controllare se le lampadine di casa presentano uno sfarfallio (per esempio con un’app come questa). 

Altre accortezze che potreste considerare per evitare i problemi da PWM sono di non utilizzare il tema scuro, in quanto i display AMOLED utilizzano maggiormente il PWM dimming su colori più scuri, perché il colore e l’intensità della luce sono collegati tra loro in un singolo diodo LED, mentre con il DC dimming non c’è questo problema (o è meno rilevante). Anche bloccare la frequenza di aggiornamento dello schermo può aiutare, almeno secondo alcuni. 

Infine, se proprio soffrite di questo disturbo, potete considerare un telefono che utilizza un sistema ibrido di regolazione dell luminosità, come Motorola Edge 40 Pro, Xiaomi 13 o Nothing Phone (2), o un telefono con un elevatissima frequenza di PWM, come Honor 90

Finora abbiamo parlato di smartphone, ma che dire dei computer? Anche gli schermi dei computer, portatili o monitor desktop che siano, soffrono di PWM, ma in questo caso avete molta più possibilità di scelta. 

Qui trovate una lista di dispositivi testati da Notebookcheck.net (computer, tablet, smartphone e monitor), ed è un buon punto di partenza per scegliere un computer che non ne soffra. Troverete che i portatili in genere soffrono di PWM dimming in maniera più grave rispetto ai monitor esterni, o anche agli smartphone.

È quindi molto difficile sfuggire al PWM anche sui computer, e se l’unico modo è optare per un dispositivo con un ottimo schermo (quindi più costoso), con un PWM superiore a 3.000 Hz o senza PWM, potreste dovervi arrangiare con soluzioni artigianali.

In caso abbiate già un prodotto con PWM, potete compiere diverse azioni per ridurre l’effetto. Per esempio, regolando il contrasto e il colore tramite la propria suite di controllo della scheda video (Nvidia Control Panel, Catalyst Control Center di AMD o Intel Graphics Control Panel a seconda della GPU) per far apparire uno schermo meno luminoso anche a piena luminosità, al costo però di peggiorare il contrasto e ridurre l’autonomia (di un portatile). Questa ovviamente non è una soluzione ottimale, ma finché i produttori non saranno più sensibili a questo problema non c’è molto da fare. 

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